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Novecento, Alessandro Baricco (1994)

04.04.2022

Imatge inicial

Novecento

 

 

[...]

Io, che non ero stato capace di scendere da questa nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un desiderio. Per ogni passo, un desiderio a cui dicevo addio.

Non sono pazzo, fratello. Non siamo pazzi quando troviamo il sistema per salvarci. Siamo astuti come animali affamati. Non c’entra la pazzia. È genio, quello. È geometria. Perfezioni. I desideri stavano strappandomi l’anima. Potevo viverli, ma non ci son riuscito.

Allora li ho incantati.

E a uno a uno li ho lasciati dietro di me. Geometria. Un lavoro perfetto. Tutte le donne del mondo le ho incantate suonando una notte interna per una donna, una, la pelle trasparente, le mani senza un gioiello, le gambe sottili, ondeggiava la testa al suono della mia musica, senza un sorriso, senza piegare lo sguardo, mai, una notte intera, quando si alzò non fu lei che uscì dalla mia vita, furono tutte le donne del mondo. Il padre che non sarò mai l’ho incantato guardando un bambino morire, per giorni, seduto accanto a lui, senza perdere niente di quello spettacolo tremendo bellissimo, volevo essere l’ultima cosa che guardava al mondo, quando se ne andò, guardandomi negli occhi, non fu lui ad andarsene ma tutti i figli che mai ho avuto. La terra che era la mia terra, da qualche parte nel mondo, l’ho incantata sentendo cantare un uomo che veniva dal nord, e tu lo ascoltavi e vedevi, vedevi la valle, i monti intorno, il fiume che adagio scendeva, la neve d’inverno, i lupi la notte, quando quell’uomo finì di cantare finì la mia terra, per sempre, ovunque essa sia. Gli amici che ho desiderato li ho incantati suonando per te e con te quella sera, nella faccia che avevi, negli occhi, io li ho visti, tutti, miei amici amati, quando te ne sei andato, sono venuti via con te. Ho detto addio alla meraviglia quando ho visto gli immani iceberg del mare del Nord crollare vinti dal caldo, ho detto addio ai miracoli quando visto ridere gli uomini che la guerra aveva fatto a pezzi, ho detto addio alla rabbia quando ho visto riempire questa nave di dinamite, ho detto addio alla musica, alla mia musica, il giorno che sono riuscito a suonarla tutta in una sola nota di un istante, e ho detto addio alla gioia, incantandola, quando ti ho visto entrare qui. Non è pazzia, fratello. Geometria.

È un lavoro di cesello. Ho disarmato l’infelicità. Ho sfilato via la mia vita dai miei desideri. Se tu potessi risalire il mio cammino, li troveresti uno dopo l’altro, incantati, immobili, fermati lì per sempre a segnare la rotta di questo viaggio strano che a nessuno mai ho raccontato se non a te /

 

"D’aquesta manera, la natura no serà apreciada en el nostre judici estètic com a sublim perquè provoqui temor, sinó perquè mobilitza la nostra força (que no és natura) pel fet de considerar petit allò que ens preocupa (béns, salut i vida). Des d’aquesta perspectiva, no considerarem el poder de la natura (a la qual segurament estem sotmesos en tots aquests punts) com a una potestat que ens concerneix a nosaltres i la nostra personalitat, una potestat davant la qual ens hauríem d’inclinar quan estiguessin en joc els nostres principis més elevats, especialment amb referència a la seva afirmació o al seu abandonament."

KANT, Immanuel (2004 [1790]). “Analítica del sublim”, dins Crítica de la facultat de jutjar (Jèssica Jaques Pi trad.), Barcelona: Edicions 62, p. 236-237.

 

Escrita i portada al teatre per Alessandro Baricco, un dels exponents de la narrativa italiana contemporània, Novecento (1994) versa sobre la història de Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, una figura entre el món oníric i el món real que, havent nascut i crescut en un vaixell, mai haurà trepitjat terra. Certament, ens trobem davant un tractat de retòrica que Pseudo-Longí podria haver categoritzat de sublim pels elements embellidors i l’ordenació de recursos que en fa l’autor, qui dirà que no creu que existeixi un nom per a textos d’aquesta classe. Què representa la situació que experimenta? Cap on ens dirigeix? Davant la incommensurabilitat del món ––i el terror que l’envaiex per la seva inadequació––, el protagonista experimenta la mateixa agitació que, segons Kant, es produeix al nostre ànim quan som conmoguts pel sublim. La finitud que li proporcionen les parets del vaixell ––que tot ho conté però que és unitat–– serà per a Novecento el patró de mesura no sensible que, des de la capacitat racional, li permeti de sobreposar-se a la naturalesa, en un indret segur; de manera que la seva humanitat i persona romanin íntegres. No és bogeria, dirà finalment Novecento al trompetista que narra la seva història, sinó geometria. I malgrat que ens trobem en la ficció, els lectors ens hi identifiquem.

 

Elaborat per Sara Vilares, Andrea Sopena, Pau Orive i Jordi Lladó

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